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Recensione de “Noi siamo campo di battaglia” di Nicoletta Vallorani

Recensione de “Noi siamo campo di battaglia” di Nicoletta Vallorani

Nicoletta Vallorani – Noi siamo Campo di Battaglia (Edizioni Zona 42, anno di pubblicazione 2022)

Gli argini si rompono, a volte, e quando sta per accadere noi città lo sentiamo. Il momento. È. Ora.

(Dal paragrafo Canti di guerra)

 

Il romanzo di Nicoletta Vallorani, docente di letteratura inglese all’università di Milano, è la storia di un incubo che riesce a trasformarsi in sogno.

In una Milano devastata da ondate pandemiche e cambiamenti climatici che la rendono invivibile, dove il potere è ormai discreditato e la sua sola ragion d’essere è la repressione, le uniche realtà a resistere solo “Le Comuni”.

Luoghi occupati (in genere scuole abbandonate) vissuti da ragazzi con storie di disagio familiari, vittime oltretutto di esperimenti condotti da scienziati senza scrupoli che li utilizzano come cavie umane.

In una di queste comuni, sette ragazzi, di provenienza, estrazione ed etnia diverse, insieme alla loro “Prof” (non importa il suo nome, dice uno dei ragazzi, lei resterà sempre e solo la nostra prof) riescono a resistere agli abusi delle varie milizie che fungono da forza pubblica dopo il disfacimento dell’amministrazione, che riesce comunque a mantenere una brutale autorità grazie al potente “Delfino” ed alla sua assistente Petra.

Fra l’orco/potere e i fantasmi che spaventano tutti, loro resistono curando un giardino impossibile. Insieme lo coltivano e lo guardano crescere rigoglioso, nonostante tutto. Lukas, Amina, Luce, Attilio, Nina e Han si muovono per le strade di Milano. Con loro Biz, che parla nei pensieri degli altri. E con loro Carla, la loro prof che ha perso tutto ma non la capacità di creare storie perché per per costruire un futuro, bisogna prima immaginarlo.

Luce, in particolare, una ragazza che ha affrontato problemi di anoressia, è una sorta di “guida ideologica” del gruppo. Leggiamo un passaggio dalla presentazione, che ad inizio libro, descrive i singoli personaggi della comune:

“C’erano regole, ed erano tutte comprensibili, ma poi sono arrivate altre onde, e le regole hanno subito due metamorfosi: prima si sono moltiplicate all’infinito e poi sono del tutto scomparse. È logico, dice la prof: quando imponi troppe regole e troppo difficili, finisce che nessuno le rispetta. E si crea lo spazio anarchico che ci piace tanto. È da qui che la prof ha cominciato a raccontarci dell’anarchia, la parte bella, quella che significa libertà e rispetto, quella che si nutre di piacere creativo. E io mi sono innamorata. La teoria e la pratica. L’idea e l’applicazione. Mi sembrava che si potesse immaginare un posto che somigliava a quel genere di utopia. Potevamo riuscirci. Alimentare il futuro, il nostro, con modi e sistemi che fossero tutti nuovi. […] Lessi del Rojava. Delle donne curde e della Brigata Maddalena. Lessi questa cosa magica che era la condivisione come percorso e sistema di vita. Non un mito, un’utopia, ma una costruzione lenta e paziente. E lessi i grandi anarchici fino a farmi venire gli occhi rossi e la testa stanca e piena di sogni.

Finché a un certo punto mi resi conto che sogni non erano, ma desideri, speranze, potenzialità che non erano escluse, ma eventi possibili, se riuscivamo a essere noi e non io.”

(Noi siamo campo di battaglia , parte UNO – Luce)

Il gruppo, in contatto con molte altre comuni sparse per la città riesce a mandare in scacco il potere, diffondendo manifesti e dazebao per la città rivelando informazioni segrete grazie ad un sorta di video/leaks fornito da uno scienziato (Yuri) poi schieratosi dalla loro parte e per questo recluso in carcere.

E’ possibile non solo immaginare ma viaggiare in un universo parallelo dove le cose possono essere diverse, senza per questo abbandonare questo mondo, ma anzi contribuire a migliorarlo?

L’unico modo per creare ed immaginare un nuovo mondo possibile è, come dicono i ragazzi “essere noi stessi i fertilizzanti di una nuova vita”. Viaggiare attraverso le brecce del tempo ed essere inafferrabili e molteplici, per essere contemporaneamente in più punti della città e sparire così come si è apparsi, portando un messaggio di ribellione, per non soccombere nella “manifesta” (così vengono chiamati i periodici raduni pubblici giovanili di protesta, puntualmente oggetti di efferate repressioni da parte del potere) ed essere all’altezza del gesto che si sono dati per riconoscersi: una mano aperta col palmo rovesciato come a reggere una sfera (porteremo noi il mondo in un palmo di mano, sembrano volersi dire).

La denuncia ecologica si accompagna ad una costante denuncia e critica del potere che non solo ha distrutto la città (e, s’intuisce, il mondo intero) ma tende a perpetuarsi approfondendo il disastro sociale e aggiungendo altre macerie alla devastazione. Il nemico che il Potere perseguita è rappresentato da una intera generazione senza distinguo: i giovani adolescenti, che hanno due sole alternative: entrare nelle milizie o sottoporsi agli esperimenti scientifici per sopravvivere alle malattie pandemiche fungendo da cavie.

E’ una storia di ribellione, di comuni federate, di un viaggio in altri mondo possibili, non solo immaginati ma capaci di trasformare il presente.

Nessuno parte da condizioni privilegiate: siamo come “Un mazzo di tarocchi dove l’unica carta è l’appeso” ma siamo anche campo di battaglia, comunità resistenti, che accolgono e resistono. E sono pronti a costruire, persino dal nulla, un nuovo mondo possibile.

Flavio Figliuolo

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